La pratica quotidiana di Andrea Barzaghi è scandita dal trascorrere di momenti pittorici che confluiscono in due fasi: “l’inverno bianco” (una pittura asciutta e rarefatta) e “l’inverno verde” (dove i colori si fanno più pieni e miti, come in primavera ed estate, quando la natura si risveglia malgrado l’aria fresca). Nature aspre e selvagge, dai toni verdi, con alberi giganteschi, cespugli fioriti, piccole forre, tronchi morti per vecchiaia o abbattuti… In questi inverni verdi vedo tutta la serie dei campi fioriti1, delle foreste2 che poi – cronologicamente -vireranno sempre di più verso contaminazioni tropicali e dalla presenza di silhouettes3, figure, umanoidi4 e infine uomini che si nascondono5 che errano6 in una natura piena e piatta. Sono inverni bianchi le ascensioni collettive in uno spazio dilatato7, le membrane tra mondi8 ma anche le finestre di spazio nero9. È così che si suole descrivere le stagioni nei paesi nordici ed è così che, dopo quasi dieci anni che seguo Andrea Barzaghi, mi piace immaginare il suo fare pittorico.
La sua è una pittura onesta, che non si nasconde dietro escamotages concettuali, che non si vergogna di essere istintiva, citazionista, alle volte semplice ed altre invece talmente tanto sintetica da risultare quasi di difficile interpretazione. Alle volte sembra naïf ma il suo passato prossimo svela un legame alle tradizioni (Urbino, Norimberga), la loro assimilazione e superamento, arrivando ad una sintesi formale dove i dipinti sono
sinceramente e liberamente semplificati. È onesta nella molteplicità del suo modus operandi: non è soltanto colore e tela ma è un prolungamento e un mescolamento di quest’ultimo mentre il tratto del disegno e la struttura delle installazioni hanno la stessa dignità del dipingere. Non più, dunque, solo tela ma anche carta, parete, truciolato, bi e tri-dimensione. E infine ma ancora: non solo pennello ma anche matita, pastello, olio e acrilico, ritaglio, collage, sagoma e annullamento, sovrapposizione ed unione.
La ricerca artistica di Barzaghi ha un andamento sinusoidale a spirale che mescola il presente, il passato ed il futuro, non è una linea statica che si ripete su se stessa ma una continua evoluzione dei temi e dei modi di fare pittura a lui cari. Una pittura a tratti sporca e contaminata dalle sue reminiscenze e dai suoi incontri, intervallata dalla cadenza (esigenza) della ricerca più estrema. È un percorso continuo che torna sì su se stesso ma col fine di evolversi ogni volta, un mettersi in discussione costantemente, trovare nella sua pratica il contraddittorio e tentare ogni volta di superarlo. Quella di Barzaghi è una pittura coraggiosa, che solo oggi non mi spaventa ma continua ancora a stupirmi, facendomi innamorare ogni volta, arricchendosi sempre di quel quid in più che turba e meraviglia.
di Stefania Margiacchi