Confronto, dialogo, comunicazione sono solo alcuni dei termini che potremmo utilizzare per provare a descrivere quello che è stato il progetto 6 pittori.
Parlerei piuttosto di un comune sentire che corre lungo due generazioni, quella dei Sei di Torino e quella dei pittori contemporanei che hanno partecipato a questa mostra.
L’affinità in oggetto è la prospettiva pittorica, o meglio, lo sguardo pittorico di dodici artisti i quali, ognuno con la propria personalità ed il proprio stile, indaga, attraverso il proprio modus operandi, la sconfinata arte del fare pittorico. Siamo così di fronte non ad una sola ed univoca modalità allineata di fare pittura ma ad una molteplicità di pratiche che guardano al passato, al presente e al futuro.
La stessa diversità si trova anche nei sei curatori – Giuseppe Arnesano, Davide Gambaretto, Federica Maria Giallombardo, Sergey Kantsedal, Matteo Mottin e Simona Squadrito – che hanno accompagnato la compagine strutturale del progetto e che singolarmente hanno sostenuto un artista contemporaneo ciascuno. Questa volontà, che è alla base di tutto il progetto e della mostra stessa, è stata dettata dalla necessità di sottolineare e ribadire, in più battute, l’importanza di creare una rete di soggetti, di sguardi e di pratiche che si allontanassero quanto più possibile da un dettame meramente auto- referenziale. Non c’è stata al contrario la volontà, né in partenza né in arrivo, di mettere in piedi un’operazione collettiva curatoriale che andasse a creare un gruppo di nuovi pittori; piuttosto l’intento è stato quello di mappare realtà esistenti e forse anche distanti tra di loro.
Gli artisti in mostra guardano infatti a tutti i mondi possibili che possono essere intrapresi attraverso il medium pittorico, ridefinendo un immaginario sociale contemporaneo, osservando il patrimonio genetico di mitologie e simboli che definiscono la memoria collettiva. Nel creare il suo mondo pittorico, Luca Ceccherini (Arezzo, 1993) filtra la quotidianità attraverso numerosi riferimenti alla tradizione della caccia, alla letteratura, alla storia dell’arte e alla storia medievale. I lavori di Alan Stefanato (Trieste, 1992) vedono paesaggi surreali magici, mondi interiori narrativi, grotteschi, buffi, gestuali, seguiti da un’altra ricerca astratta fatta di campiture, forme, colori, sensazioni, una lente di ingrandimento che potrebbe sembrare un’analisi al microscopio di un mondo inconsistente, in continuo mutamento e trasformazione di sé stesso.
Anche nella ricerca pittorica di Ottavia Plazza (Alessandria, 1992) il colore è il soggetto principale che si deposita sugli oggetti e sugli scenari che l’artista costruisce all’interno delle sue tele. I soggetti principali sono delle vedute di interni le cui prospettive molto spesso inventate sono ottenute proprio dall’uso del colore piatto.
In Giuseppe Mulas (Alghero 1995) il ricordo degli spazi domestici si scontra con la realtà del presente, nella quale prevale indipendenza ma anche solitudine. Questi luoghi diventano così microcosmi individuali e privati, uno spazio di riflessione e di contatto con se stessi. Sebastiano Impellizzeri (Catania) trae ispirazione dallo studio e dall’analisi di periodi storici che utilizza come spunto per ripensare il proprio lavoro in rapporto alla storia dimenticata nell’epoca della comunicazione, quella contemporanea, ponendo l’accento sulla lettura dell’immagine come rappresentazione interiore e intimista. Infine, è un ripensamento, in chiave critica, analitica e concettuale, del ruolo odierno della pittura, in contrapposizione alla dimensione del digitale la ricerca pittorica di Giulio Saverio Rossi (Massa, 1988). La pittura come “altro” diventa un luogo di recupero e revisione della storia stessa dell’atto del vedere che, sospeso fra immagine e materialità, apre alla possibilità di una “ecologia dello sguardo”.
Sei artisti contemporanei dunque che non solo si mostrano ma mettono in mostra anche i Sei di Torino: quel dialogo, quel confronto, quel momento di scambio avviene dunque sia tra pittori della stessa generazione ma anche con gli artisti a loro precedenti, innescando così un momento di riscoperta e di studio del passato reso possibile in primis dal luogo (Pavarolo, Casa Casorati e lo studio-museo Felice Casorati) dal professore e storico dell’arte Francesco Poli, Stefano Testa della galleria Il Ponte di Torino ed infine dalla famiglia Casorati e Andrea Massaioli.
Questo progetto quindi vuole non solo rendere presente e visibile questa linea continua che lega quasi cent’anni di pittura ma anche omaggiare sei pittori che, guidati da Felice Casorati, hanno acceso e mantenuto il focolaio della pittura nella città sabauda per quasi un centenario.