Setting:
Northern Italy in the calm between two foriegn wars, warm air and golden light, fingers pinch a cigarette. Two rivers run dry and a mosquito bites, forest
flowers and cow bells. A large window with the view of two lovers from far away.
Scene:
The Odalisque traveled across two oceans to a land that is not her own in search of a particular feeling. Leaving behind her torrid stupor, her sunkissed
seashore, her whitejeans man. She left her maenads and turned her body into that of a wolf. But the maenads still follow and they too, turn their bodies into
wolves.
This pack of woman wolves roams the western alpine range, eating flowers and drinking from wine-filled streams.
When the Odalisque tires of her wander she finds a city, but keeps her wolfen form. To others she looks as human, but her fangs drip in lust, in hunger, in
search of feeling.
In a tunnel beneath the city and in a tower in the hills she hunts and stalks and prowls until the feeling is found. The maenads join and a millions howls
can be heard like church bells at midnight.
La mostra The Vagabond and The Lovers è un viaggio d’esplorazione di un mondo onirico, governato dai principi di forza vitale e piacere, in cui emozioni e sensazioni sono affilati come coltelli e allo stesso tempo densi ed avvolgenti come una coltre di fumo. È un mondo di ricerca, femminile ed identitaria, guidata daunaprofondità di sentimenti che rifugge la comprensione e i dettami razionali, richiedendo di essere afferrata con frenesia estatica. Lauren Wy, presentando la sua più recente produzione artistica negli spazi di Société Interludio, dimostra che la rielaborazione e l’interiorizzazione dell’evoluzione personale e psicologica – anche in stadi intermedi della vita – permette l’apertura a nuovi percorsi pittorici. Di qui la volontà di scandire la presentazione delle opere in modo da mettere in dialogo tra loro quelle che sono state il fondamento ed il punto di partenza di questo sviluppo – i capitoli 12 e 13 del progetto AUTODESIRE – ed i due nuovi percorsi, scanditi da Wy tra 2022 e 2023 cambiando supporti pittorici: i dipinti su tela e la produzione scultorea.
Accolgono il visitatore in mostra AUTODESIRE CHAPTER 12: IL CORPO DI UNA CAGNA e Sycophant Billboard. Due lavori in cui la ricerca pittorica prende forma e viene permeata dall’esperienza autobiografica dell’artista. Esperienze vissute, scene osservate, elementi compositivi che immergono il visitatore nella cultura visiva e sociale degli USA, vissuta dall’interno da chi vi appartiene e che in essa si è formato.
Il meccanismo messo in atto da Wy è molto chiaro: disegno e pittura ad olio sono i mezzi attraverso il quale l’artista è riuscita a processare il suo vissuto, i traumi e le emozioni che da esso derivano, giungendo così ad un vocabolario visivo ben preciso. La saturazione del colore e la linea del disegno sono le sue pietre d’angolo: la prima caratterizza la sovrapposizione di toni che permette la costruzione dello sfondo. I colori che si accostano e si fondono tra loro ricalcano il carattere liquido e nebuloso dei ricordi che fanno da matrice. La seconda è l’unità fondamentale del vocabolario pittorico dell’artista, l’elemento base grazie al quale si arriva alla costruzione della forma. Le opere sono popolate di personaggi e gruppi di corpi che si intrecciano: non si tratta di personaggi diversi tra loro, ma sempre di un unico personaggio, che viene scisso e moltiplicato all’infinito. In questa frammentazione a fotogrammi del protagonista sta la chiave di volta: la figura femminile che si ripete nelle opere è l’elemento unificante del tutto, che permette di capire come la produzione artistica abbia permesso a Lauren Wy di raccontare la propria vita senza farlo in maniera esplicita. Il concetto di piacere, principio cardine che governa la vita della protagonista nel mondo, è l’espediente che Wy utilizza per avvicinare il visitatore e portarlo all’interno del suo lavoro, per esplorare quanto la sua complessità non sia sinonimo di problematicità, ma un personale e coraggioso atto di affermazione identitaria nei confronti del mondo.
Più si procede nell’esplorazione delle opere, più l’immersione nella trama di corpi e colori è completa. Opere di formato e materiali diversi lavorano all’unisono, grazie alla coerenza visiva dell’intervento pittorico, per rivelare uno degli intenti ultimi dell’artista in ambito materiale: portare il concetto di superficie fuori dal suo significato più banale, spogliare un qualcosa dal suo scopo canonico evidenziando così solo la superficie come mezzo per una narrazione visiva. Ecco quindi, presentati insieme, i disegni in pastello ad olio su carta di AUTODESIRE e le damigiane in cemento. Alla tela, Wy giunge dopo aver realizzato ben 300 unità che insieme compongono AUTODESIRE, caratterizzate dalla scelta di utilizzare come supporto due piatti di legno poi rilegati a libro, utilizzando come cerniera un lembo della stessa tela che utilizzerà in futuro: scelta da un lato forzata dalle circostanze in cui il progetto è stato iniziato, dall’altro ispirata dalla volontà di enfatizzare l’immediatezza dei singoli disegni che insieme compongono questo romanzo visivo di auto-teoria. Se AUTODESIRE rappresenta la sperimentazione e conferma della concezione peculiare di superficie proposta da Lauren Wy, la più recente produzione di vasi in cemento ne testimonia la versatilità e la completezza nel ragionamento. La scelta specifica del materiale non avviene a caso ma, come tutto in The Vagabond and The Lovers, deriva da una matrice autobiografica: si tratta, infatti, di un omaggio moderato alla cultura underground di South Los Angeles in cui Wy si è formata.
Vale come intervento di femminilizzazione di un materiale tipicamente maschile, che va di pari passo con l’accettazione e celebrazione del proprio background personale.
The Vagabond and The Loversprosegue nel terzo ambiente in Piazza Vittorio dove la struttura intima e contenuta della stanza enfatizza l’aspetto psicologico dell’opera di Wy: la molteplicità dell’identità come ‘macchina’ del desiderio e la molteplicità del desiderio stesso. Un minuto verde, prima opera della serie su tela realizzata dall’artista durante la sua residenza presso i Docks Dora lo scorso autunno, sancisce il passaggio dalla carta e dal piccolo formato di AUTODESIRE all’espansione pittorica su grande formato. La pittura ad olio è ricca di layers, liquida e diluita. Le linee suggeriscono ma non determinano, lasciando nel limbo dell’immaginazione e dell’aspetto più sensoriale la lettura erotica dell’opera stessa.
Con Diana Wy torna al piccolo formato ma con una nuova consapevolezza formale: non più carta ma tela, non più pastelli ma esclusivamente olio. Infine, nella narrazione mitologica della stanza, Leda, dove la pittura ruota attorno al supporto scelto (oggetto dimenticato o abbandonato), sono il significante della potenza sessuale, della forza della seduzione e della tensione vigente tra amore e violenza che permea tutto il lavoro di Wy e che qui raggiunge il suo apice.
Setting:
Deep future, a one thousand year old factory repurposed for artists, jealousy, yearning, forgetfulness. Artificial and real intelligence merge to
form a spirituality. A flock of golden butterflies and blue birds.
Scene:
A woman walks alone at night. The cheshire cat moon smiles with secret knowing.
Her phone rings insideher head with a magical charm. She listens to wind chime in with melody and she understands.
The odalisque is everything and nothing at all. She is complete only when touched.
Il viaggio errante di Wy si chiude a Cambiano, presso il Project Space della galleria.
Nello spazio – che è stato anche lo studio dell’artista nelle ultime settimane dove Wy ha prodotto site specific le damigiane ad olio (The Vagabond and The Lovers) – coesistono, in un’armonia fuori asse, il passato, il presente ed il futuro della sua produzione. Il lavoro muscolare della realizzazione delle sculture in cemento si addolcisce grazie alle linee sinuose e sensuali che si muovono tra i diversi supporti. Alternanze di superfici per un continuum pittorico che trova la sua sfida nell’utilizzo di colori complementari.
Ciò che Wy concretizza con questa mostra è l’espressione della sua verità: una verità in cui il tempo è moltiplicato all’infinito, come le frammentazioni della figura femminile, tritato tra il concreto, affrontato con la presa di posizione identitaria di una protagonista femminile, e il sogno, con le sue grandi e profonde zone d’ombra.
Lauren Wy (USA, b. 1987) sviluppa la propria produzione artistica a partire da indagini sul desiderio, il corpo e la psiche che si concretizzano in una narrativa frammentaria, residuo di processi e colori. Esplora i concetti relativi alla formazione alternativa dell’identità in un mondo che comprende spazi sia reali che digitali; usando linguaggi visivi di stampo esoterico per parlare dell’evoluzione psicologica di passato, presente e futuro nell’era del digitale.
Tra le sue mostre, ricordiamo la collettiva Excuse the interruption, Over the Influence, (Los Angeles, 2023); The 2023 Western Exhibitions Drawing Biennial, Western Exhibitions (Chicago, 2023); Oltre ottico orizzonte, oltre orrido orto, Biblioteca Reale di Torino (Torino, 2022); Espressioni con Frazioni al Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea di Torino (Torino, 2022); AUTODESIRE Volume 1, Western Exhibitions, (Chicago, 2021); The Western Exhibitions Drawing Biennial, Western Exhibitions
(Chicago, 2021) ; Gather, Practise Gallery (Chicago, 2020); Inside Outside, Apparatus Projects (Chicago, 2019); Love in the time of social media, Kunstraum Walcheturm (Zurigo, 2018); ANTI, 6° Biennale di Atene (2018). Wy ha conseguito il Masters of Fine Arts presso la Northwestern University di Evanston nel 2020.
Attualmente vive e lavora in maniera itinerante.
Allegra Fantini (Torino, 1999) è una storica dell’arte, curatrice e traduttrice attiva a Torino. Laureata presso il Courtauld Institute di Londra, ha continuato la sua formazione presso il Warburg Institute, Christie’s e Sotheby’s Institutes. Collabora permanentemente come Associate Curator con Société Interludio di Stefania Margiacchi.
Recentemente ha contribuito alla realizzazione dei cataloghi di Sebastiano Impellizzeri ed Enrico Tealdi.