2024RAPSODIA PER CHIMERE

RAPSODIA PER CHIMERE

RAPSODIA PER CHIMERE

ANDRIU DEPLAZES         MATEO REVILLO       STRUAN TEAGUE         CALLUM GREEN
di Allegra Fantini

13.02.2024 – 31.03.2024

Chimera: entra nel nostro lessico, diventando abbreviazione di tutto ciò che appare illusorio, meraviglioso e fuori portata, un ponte a tre vie tra l’umano, il divino e l’ultraterreno. 

Appare in una cultura dopo l’altra, in un’epoca dopo l’altra fino al punto in cui, come Jorge Louise Borges afferma nel suo Libro degli Esseri Immaginari (1957), «con il tempo, la Chimera tende a diventare “il chimerico”». La forma scompare e rimane solo il termine. 

Rapsodìa: composizione a un solo movimento di carattere libero e variegato, all’interno della quale si muovono pratiche ibride che invitano a riflettere su segno e simbolo, figurativo e astratto nella pittura contemporanea.

Le opere scelte delineano un percorso che sfugge ai canoni e alle classificazioni tradizionali: all’interno della sala divisioni e frontiere si disciolgono, sguardi distanti si uniscono a rivelare il persistente bisogno umano di chimere.  

A.D.

Le pennellate di olio e acquerello di Andriu Deplazes presentano una visione che re-immagina la coesistenza di tutte le componenti formali che ne caratterizzano l’opera; ogni relazione tra gli elementi è determinata dalla reciproca permeabilità tra essi. 

Una ricerca pittorica la sua che si sviluppa lungo la sottile linea della tensione dinamica tra violenza e leggerezza, naturale e artificiale. L’aggressività del gesto, associata a colori vibranti, porta alla presa di coscienza che l’immediatezza dei lavori di Deplazes sta nei dettagli, minimi e sottili. 

Nell’opposizione di linee in Two bodies splashing each other, il sapore giocoso del soggetto e dei colori non nasconde (volutamente) del tutto la brutalità, che fa da sottofondo assordante. 

È nella delicatezza dei toni e nella fluidità dei corpi, in un’oscillazione costante tra figurativo e astratto, che si rivela la centralità della dimensione umana.

Le figure che popolano le opere sono ibride, nel senso più puro del termine: la distinzione tra maschile e femminile è impossibile, se ne percepisce solamente l’umanità. In Watery Fantasia on my body il passaggio si completa, uomo ed elemento naturale diventano un tutt’uno grazie al pennello di Deplazes. 

Come una chimera, le opere di Deplazes sono forme evocate ai limiti estremi del nostro immaginario collettivo. Entrano misteriosamente nel mondo degli uomini ma, una volta presenti, diventano qualcosa con cui riflettiamo sulla nostra umanità.

M.R.

Con Mateo Revillo la linea di confine tra pittura e architettura si dissolve: l’immagine si espande al di fuori della superficie pittorica e diventa parte integrante dello spazio. 

L’organizzazione modulare delle lastre di gesso di Etrusco – Campo, le linee e le campiture di colore rivelano la necessità di un ordine di tipo architettonico, che Revillo contamina: da un lato con l’utilizzo di materiali organici – cera d’api e conchiglie – portando così al recupero di una purezza primitiva, che fa cogliere in sottofondo l’evocazione di un mondo frenetico, energico e senza filtri; dall’altro intervenendo sulla superficie pittorica con gesti fortemente violenti. 

Una profonda sensibilità verso i materiali che coesiste con l’attitudine alla gestualità. 

I lavori diventano un luogo intermedio, in cui le linee di dialogo si accavallano e sfondano le barriere spazio-temporali: il gesto pittorico si apre ad istanze provenienti da tempi antichi e civiltà primitive, riportando l’idea di astrazione ad una semplicità umana. I caracoles che solcano le tele più piccole sono la materializzazione organica di questo concetto: le cose diventano astratte perché sfuggono al sentito, il caracol ribalta l’ordine delle cose e presenta un trompe l’oeil al contrario – sembra dipinto, ma non lo è. Così come i lavori sfondano il confine tra pittura e architettura, i caracoles e il loro perpetuo movimento dal basso verso l’alto fanno sparire la barriera che divide il mondo dal dipinto. 

S.T. 

Linee, tocchi di colore e pennellate irruenti sono gli elementi costitutivi dell’astrazione di Struan Teague. Questi elementi si armonizzano tra loro in composizioni imprevedibili, creando un linguaggio visivo che sembra provenire da percezioni ai margini del razionale.  

È nella tela che Teague compie il miracolo di una rivelazione ingannevolmente astratta: quello che di istinto si presenta come solo segno, nasconde in sé una reminiscenza del simbolo. È desaturazione, nella tavolozza e nella forma: l’artista ritorna al grado zero della pittura. Questi gesti sono appunti: composizioni sintetiche di nature morte, schizzi di architetture reali o immaginarie. Ma ancora: meta-pittura, in quella rappresentazione mimetica della tela che confonde l’occhio e la stessa percezione della divisione tra il reale e l’immagine. 

L’aggressività gestuale che caratterizza lavori come Unfinished Angle viene bilanciata dalla delicatezza dei (finti) vuoti dati dal supporto: una narrazione e uno svelamento che resistono a qualsiasi forma di dogmatismo e razionalismo. 

Un linguaggio rimosso dalla normale comunicazione scritta e verbale in cui violenza e tranquillità formano una composizione armonica, chimerica, che chiama all’esplorazione e alla continua scoperta delle connessioni e delle contraddizioni della pittura contemporanea.

La lettura delle opere rimane leggermente velata da un alone di mistero, che mantiene inesauribile il dispiegamento poetico.

C.G. 

Nella ricerca di Callum Green, il simbolo rimane un lontano appannaggio che trova spazio solo più in frammenti o frasi che possono diventare i titoli stessi delle opere. La sintesi è estrema, tutto è ridotto ad un equilibrio del gesto e del colore che sorregge l’immagine. 

È un’oscillazione continua quella tra intenzionale ed istintivo negli infiniti percorsi cromatici che le opere di Green invitano a intraprendere. 

È un viaggio: Curtain, che apre non solo alla lettura delle opere di Green ma all’interpretazione dell’intera mostra, come una tenda che apre un sipario di un mondo senza regole dove accadono cose impossibili da narrare, è seguita da – per affinità e per genesi – And Lastly e poi, infine, Night Grass

È come se il pennello fosse ancora intriso di colore e movimento che segnano una linea continua ma impercettibile di questo discorso all’interno di un racconto più ampio. 

La dinamicità delle pennellate rivela una spontaneità che segna e delimita i confini strutturali e formali della tela, all’interno della quale avvengono istanti di un caos gentile. Una lotta che si svela per sovrapposizioni sottili e continue, per sottrazioni materiche, fino alla creazione di quegli scenari onirici e fluidi all’interno dei quali, sulle note rapsodiche di una ballata primordiale, danzano le ultime chimere. 

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